Secondo l’antica tradizione, la musica lega il mondo degli umani alla dimensione divina tramite l’emozione che suscita nel cuore e nella mente di ognuno di noi. Dunque, la sacralità del legame dello Stato verso il popolo trova un’espressione di propaganda legittima nell’arte musicale, a fortiori in una monarchia, quando il compositore o l’interprete è il re o la regina. Se alla fine del medioevo, la musica sacra era riservata esclusivamente alle occorrenze religiose, l’emergenza del concetto di Diritto Divino della monarchia assoluta nel tardo ‘500 in Occidente porterà alla sacralizzazione della musica di Corte attraverso la presenza reale, specialmente quando il reale stesso se ne trova interprete, come attore o ballerino. Ad introdurre questa usanza a Corte fu la regina Caterina de Medici, che non solo portò in Francia le raffinatezze della cucina fiorentina, creando la fama internazionale della gastronomia francese, ma organizzò per la prima volta in Occidente la vita di Corte come un palcoscenico all’italiana. Oltre al milanese Cesare Negri per le figure di stile della coreografia, la regina Caterina chiese a Pompeo Diobono di insegnare i rudimenti del ballo ai suoi quattro figli e a Baldassare di Belgiojoso di elaborare delle regie sofisticate per ogni ballo di corte. Dopo la recita, dove molto spesso ai principi reali venivano assegnati ruoli molto importanti, la regina invitava i membri della Corte a raggiungere le Loro Altezze Reali nel ballo.
L’influenza artistica della regina troverà il suo apice al momento della creazione del cosidetto Ballet Comique de la Reine in occasione delle Joyeuses magnificences nel 1581, quando la regina Louise, moglie infelice di re Enrico III, festeggiava con fastose celebrazioni il matrimonio della sorella Margherita con il duca di Joyeuse, uno dei più amati “favoriti” del suo reale marito. Questo ballo è considerato come il primo pezzo coreografico con vera funzione spettacolare, anche rimanendo nel controllo totale del potere reale e manifestazione gloriosa della monarchia. Sia la musica che la coreografia dovevano riflettere la “perfezione cosmica” in movimenti armoniosi e accordi equilibrati tra i diversi strumenti dell’orchestra come simbolo dell’immanenza del potere del re nei confronti della crescente insoddisfazione popolare, che condurrà alla fine della dinastia dei Valois all’assassinio di Enrico III da un prete fanatico.
La fine dei Valois portò i Borboni al potere in Francia e se l’influenza italiana perdurerà soprattutto grazie a Maria, seconda moglie di Enrico IV anche lei una Medici, dobbiamo riconoscere che la supremazia dell’arte musicale, versione reale, sarà il risultato dell’alleanza dei Borboni con i loro cugini Asburgo. Anna d’Austria, dopo di lei la nipote Maria-Teresa e un secolo dopo, la pro-nipote Maria-Antonietta, concorrono allo splendore dei loro reali mariti. In una maniera personale per Anna e Maria-Antonietta e più passiva per quanto riguarda Maria-Teresa, moglie e prima cugina del re Luigi XIV. A corte regna il Sole ma per farlo splendere come un diamante, ci vuole una platea e tutti gli artefici, non solo i quattro fratelli Ruggeri che vi portarono i fuochi d’artificio, ma musicisti quali Jean-Baptiste Lully, Jean-Philippe Rameau o Marc-Antoine Charpentier, spenderanno la loro vita a scrivere canti, mottetti e lodi alla gloria del loro grandioso mecenate. Un contemporaneo di Luigi XIV, oltre che il suo primo cugino, Leopoldo I, imperatore del Sacro Romano Impero, tra le diverse guerre contro l’Impero Ottomano e i suoi tre matrimoni che gli daranno sedici figli, avrà il tempo e l’ispirazione di comporre opere di musica sacra, messe e oratori, senza, però, cadere negli eccessi dell’orgoglio e della vanità francesi nel mettersi in scena.
La regina Maria, moglie di Luigi XV di Francia, originaria della Polonia, inviterà a Versailles il famoso Farinelli per lezioni di canto, ma non è rimasto nessuna testimonianza delle sue doti per il canto lirico, insegnatogli dal castrato più celebre del tempo. Ovviamente, la regina più famosa per il suo gusto per la musica rimane Maria-Antonietta di Francia. Nata Asburgo, la giovane principessa arriverà in Francia molto candida e scoprirà con gioia la libertà e la “dolce vita” alla francese a Versailles e a Trianon. Si dice che la musica sacra non fosse di suo gradimento, malgrado una grande fede e la giovane regina si rilasserà ascoltando melodie alla moda e suonando, cantando, tra le quali la famosa romanza Plaisir d’amour, composta da Jean-Pierre Claris de Florian e messa in musica da Jean-Paul Martini (si sussurrava a corte che le parole fossero state scritte o almeno ispirate dalla regina stessa!) e le famose Dodici variazioni in Do maggiore di Wolfgang Amadeus Mozart sulla canzone francese Ah, vous dirai-je Maman, nota per le parole birichine che divertivano molto la sovrana e le sue dame d’onore.