Questo è il mio stemma personale,
disegnato dal marchese Giulio Vallini Celesti
Descrizione dello stemma così come riportato nella XXXII° edizione dell'Annuario della Nobiltà Italiana, a cura del Direttore Andrea Borella :
“ARMA: di rosso alla spada posta in sommità di una pila formata da due ciotole cerimoniali, il tutto d'oro; alla fiamma del Sacro Aum d'oro guizzante dal centro della spada.
CIMIERO: una corona reale cambogiana
Ornamenti esteriori: dalla corona muove un manto dorato, gallonato d'oro, foderato di seta candida, con due ombrelli reali cerimoniali d'oro, ciascuno con cinque palchi, terminanti con una punta acuminata, decussati, accollati dietro lo scudo ed infilati nei nodi del manto: la corona è addestrata e sinistrata da due mani, moventi dai fianchi del cerchio più basso della corona, tenendo ciascuna una fronda vegetale contorta e rabescata in stile cambogiano, il tutto d'oro; lo scudo è accompagnato alla base da una corona formata da due rami di alloro verdi, decussati sotto la punta dello scudo
Royal audience granted by His Majesty King Norodom Sihamoni of Cambodia and Her Majesty the Queen Mother Norodom Monineath Sihanouk to His Highness Prince Sisowath Ravivaddhana Monipong and Marquis Vincenzo Grisostomi Travaglini on Saturday 26th May 2018 at Khemarin Palace in Phnom Penh
Article de Monsieur Christophe Vachaudez paru dans le numéro de Mai 2017 du magazine belge “L’Eventail”
Questo articolo è stato pubblicato su “Kambuja” del febbraio 1967.
Ringrazio sentitamente Sua Eccellenza Julio Jeldres
che mi ha inviato questo prezioso archivio tratto dalla sua collezione.
“Trovo interessante questo albero genealogico della Famiglia Reale Khmer a partire dalla fine del sec. XVIII ai giorni nostri dove sono messi in rilievo, per maggior comprensibilità, solo i casati principali scaturiti dalla divisione in due rami voluta dai francesi. Se questa sintesi risulta incompleta, permette però una maggiore chiarezza tra i mille meandri dell’antichissima Casa Reale Khmer. Vi sono degli errori ed omissioni, come aver chiamato Monopong il figlio di Re Monivong, nonno di Ravi, che si chiamava Monipong, branca di cui Ravi è l’ultimo discendente diretto. Sarebbe stato, inoltre, interessante, sottolineare l’equilibrio tra i due rami tramite matrimonio, così come Re Sisowath Monivong sposa la Principessa Norodom Kanviman, nipote dello Zio Re Norodom e di Re Suramarit Norodom, padre di Re Norodom Sihanouk che sposa la Principessa Sisowath Kossamak, nipote di Re Sisowath e figlia di Re Monivong. Inoltre, in questa scheda, i nomi di Suramarit e della sposa Kossamak non sono evidenziati quali Monarchi, erroneamente, essendo succeduti a loro figlio Sihanouk, dopo la sua abdicazione, avendo scelto nel Regno di Cambogia di occupare un ruolo politico a scapito di quello monarchico (Sihanouk ritornerà ad essere Re dopo la “Restaurazione”). La Regina Kossamak è inoltre “madre adottiva” del Principe Samyl Monipong (padre di Ravi). Questo atto fu compiuto per dare un posto a corte di maggior prestigio al nipote Samyl Monipong Sisowath, nato in Francia, affinché nessuno potesse contestargli in Cambogia il rango a cui aveva diritto. Sempre nella stessa ottica di alleanze, da questo pur interessante schema, non risulta il ripetersi della stessa procedura di alleanze matrimoniali, mancando i dovuti riferimenti nei due principali rami Sisowath con i Norodom: tra il Principe Sisowath Essaro e la moglie la Principessa Norodom Wathanary (genitori del Principe Tesso) e tra il Principe Sisowath Samyl Monipong e la Principessa Norodom Daravadey (genitori di Ravivaddhana Monipong – Ravi), alleanze fondamentali per stabilire il rango della discendenza. Altre piccole imprecisioni, ad esempio il Principe Monipong sposa “Andrée Lambert” (da cui il Principe Samyl Monipong) in prime e non in seconde nozze.”
Grisostomi Travaglini
Sua Maestà la Regina Sisowath Kossamak dando l’Acqua Lustrale a suo nipote, il Principe Sisowath Samyl Monipong e la sua sposa, Principessa Norodom Daravadey, nella Sala del Trono del Palazzo Reale di Phnom Penh in occasione della celebrazione del loro matrimonio Domenica 8 Gennaio 1967. (Foto: Ministero dell’Informazione, Regno della Cambogia, Gennaio 1967)
Lunedi 25 novembre 2019, a Phnom Penh nei pressi della Pagoda di Wat Botum Vaddey, Sua Maestà il Re Norodom Sihamoni di Cambogia ha proceduto all’offerta del Fuoco Sacro per la Sua amatissima sorella maggiore, Sua Altezza Reale la Principessa Norodom Buppha Devi, deceduta una settimana prima a Bangkok. Il Regno delle Apsara piange la perdita della sua Danzatrice più sacra.
La Principessa Buppha Devi (Fiore Divino) nacque il giorno 8 di gennaio del 1943 nella Reggia di Phnom Penh, figlia primogenita di Sua Maestà il Re Norodom Sihanouk e di Neak Moneang Phat Kanhol affascinante artista del Balletto Reale. A occuparsi dell’educazione della piccola e già bellissima Principessa sarà la madre dell’allora Re, la Regina Sisowath Kossamak Nearirath Serey Vatthana, avendo notato le predisposizioni naturali della giovane Principessa per il ballo. Fu proprio la Regina Kossamak, che accoglierà in una dipendenza della Sua residenza di Taksin Phirum tutta la compagnia del Balletto Reale, ad affidare la nipote alle maestre più celebrate, affinché potesse apprendere i rudimenti dell’arte sacra della danza Khmer. La Regina Kossamak fu l’unica sovrana nella storia a ospitare permanentemente nella sua casa l’insieme delle ballerine, musicisti e cantanti. La piccola danzatrice si dimostrò molto velocemente un’allieva di talento e armoniosa nella gestualità, a tal punto che lo stesso padre, Sua Maestà il Re Norodom Sihanouk, ne prese atto con sorpresa; un pomeriggio, durante una delle sue visite quotidiane alla Villa dei genitori, vide con orgoglio sua figlia attraversare il salotto con il movimento caratteristico del volo degli angeli, una delle figure coreografiche essenziali della danza cambogiana. Meno di dieci anni dopo, i primi giorni del marzo 1956 in occasione delle feste d’incoronazione dei suoi nonni, la Principessa Buppha Devi farà il suo debutto a Corte interprete dell’impegnativa Danza della Dea dei Lampi, Moni Mekhala, combattendo il Demone Ream Eyso, per poi trionfare nel Balletto del Makara, creatura marina alla quale si fa riferimento per la fondazione del Regno Khmer nella leggenda della Regina dei Serpenti Naga. Da quel momento, la Principessa sarà artisticamente al centro dell’attenzione di sua nonna la Regina Kossamak. Nel 1961, il cineasta francese Marcel Camus, dopo il trionfo a Cannes con la sua tragedia esotica-amorosa Orfeo Negro, arrivò in Cambogia alla ricerca dell’ispirazione per una nuova pellicola, con l’intenzione di coinvolgervi il Balletto Reale. Si ritrovò a corte in occasione di un’udienza reale e chiese il permesso di avere la Principessa quale protagonista del suo nuovo film. La Regina Kossamak rifiutò categoricamente: sua nipote non poteva commettersi in una produzione cinematografica; però, fu concesso che facesse nella pellicola un’apparizione, non come attrice, ma come ballerina. Marcel Camus chiese un altro favore: le tiare delle ballerine utilizzate dal Balletto Reale non erano quelle che avrebbe voluto far apparire nel suo lavoro, perché non corrispondevano all’immagine raffigurata negli antichi bassorilievi di Angkor Wat, dove si sarebbe girato il film L’oiseau de paradis. La Sovrana rimase inizalmente perplessa, ma decise di accettare la proposta. Ordinerà a Parigi, da uno dei gioiellieri più esperti della celebre Place Vendome, la corona che avrebbe riprodotto la tiara delle ninfe celesti, esattamente come nei bassorilievi dei templi storici della civiltà Khmer. La tiara sarà realizzata in argento dorato e potrà essere indossata esclusivamente della Principessa Buppha Devi. Era nata la Danza delle Apsara, che da quel momento diventerà il simbolo della Nazione Khmer, insieme al tempio di Angkor Wat riprodotto nella bandiera nazionale del Regno di Cambogia.
Negli anni sessanta, il Re Sihanouk, rinuncerà alla carica di sovrano per assumere quella di Capo di Stato e Padre della Nazione, affettuosamente chiamato da tutto il popolo: Samdech Euv (Monsignor Papà). Il Principe Sihanouk in tutti i suoi viaggi ufficiali all’estero si farà accompagnare dalla compagnia del Balletto Reale, con la Principessa Buppha Devi quale Etoile. Il trionfo internazionale della Principessa avverrà durante la visita ufficiale a Parigi nel giugno 1964, ricevendo l’omaggio del mondo artistico occidentale; durante l’estate di quell’anno avrà l’opportunità di ballare sul palcoscenico de l’Opéra di Parigi per il Generale e Madame de Gaulle. La principessa Bopha Devi in quell’occasione presenterà suo marito, il giovane Bruno Forsinetti, figlio del Console Generale italiano a Phnom Penh, dalla cui unione nascerà una figlia, la Principessa Chansita. Tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’70 la Principessa sarà di rappresentanza in occasione di tutte le visite di Stato nel Regno di Cambogia, con i più celebri protagonisti dell’epoca: Nikita Chruščëv per l’Unione Sovietica, Diosdado Macapagal Presidente delle Filippine, la Signora Golda Meir per lo Stato d’Israele, il Presidente Tito, la Principessa Margaret d’Inghilterra, gli allora Principi Juan Carlos e Sophia di Spagna, la First lady Jacqueline Kennedy e tanti altri. Tra il 1965 e il 1970, inoltre, la Principesa si dedicherà all’insegnamento della danza a Palazzo Reale, sede della scuola di ballo. Nel 1970 il paese Khmer cade nel tormento della guerra del Vietnam. Il Principe Sihanouk si ritrova in esilio a Pechino. Nel frattempo la Principessa Buppha Devi è “pregata” dai rivoltosi di cessare le sue attività di danza ed è solo nel 1973 che è concesso alla Regina Kossamak, gravemente malata e alla famiglia reale di lasciare Phnom Penh per recarsi a Pechino. Nell’arco degli anni, la Principessa Buppha Devi aveva sviluppato relazioni più che cordiali con le autorità cinesi e particolarmente con Zhou En Lai, che era molto sensibile alla bellezza dell’arte Khmer. Nel 1975, quando i Khmer Rossi assunsero il potere, la Principessa Buppha Devi decise di recarsi in esilio in Francia, accompagnata dalla sua famiglia. La sua adorata nonna, la Regina Kossamak, era scomparsa a Pechino il 28 aprile del 1975. Da allora, la Principessa si dedicherà con passione nella preservazione della tradizione della danza cambogiana. Le notizie dal Paese erano particolarmente preoccupanti. Si diceva che la maggioranza degli elementi del corpo di ballo era stata uccisa o forzata a sposare i così detti “eroi di guerra” appartenenti alle brigate dei Khmer Rossi. In quei tempi di crisi, con estremo coraggio, la Principessa Buppha Devi insieme con alcune ballerine in esilio, quali la Principessa Norodom Vacheahra, la Signora Buor Phanneary e l’allora Principe Norodom Sihamoni attuale sovrano di Cambogia, si unì per creare a Parigi il Ballet Classique Khmer, erede diretto del Balletto Reale. Nel 1982, la Principessa raggiunse le truppe di resistenza contro l’occupante vietnamita comandate da suo fratello, il Principe Norodom Ranariddh, nella giungla alla frontiera thailandese, sempre proseguendo nel suo lavoro di preservazione della danza Khmer, insegnando ai bambini nei campi di profughi il ballo reale cambogiano.
Nel 1991, la Principessa fu tra le prime personalità a tornare a vivere a Phnom Penh e non tarderà a essere nominata a cariche di prestigio. Durante il suo mandato di Ministro della Cultura, Sua Altezza Reale la Principessa Norodom Buppha Devi, riporterà per la prima volta a Parigi nel 1993 una formazione della rinascente compagnia di danza e dieci anni dopo, nel 2003, avrà l’insigne onore di fare riconoscere il Balletto Reale Khmer quale Patrimonio Immateriale dell’UNESCO. La Principessa ha lasciato una marca eterna nell’arte coreografica della tradizione Khmer, non solo per i movimenti aggraziati e unici che solo Lei poteva trasmettere, ma anche con una ricerca meticolosa nella memoria delle maestre di ballo sopravvissute all’eccidio dei Khmer Rossi, per la rifondazione dell’antico repertorio, insieme a una stimolazione per l’elaborazione di realizzazioni moderne.
Nel 2018, la Principessa accompagna in tournée in Europa la sua ultima creazione Waddhana Devi, in forma di omaggio al suo trisnonno, quel Re Sisowath che in occasione del suo viaggio ufficiale in Francia nell’estate del 1906, vi condusse dopo un lungo viaggio per mare il Balletto Reale Khmer (danzatrici, musicisti, cantanti), per la prima volta in Occidente. Un’esperienza che marcherà molti artisti dell’epoca: Debussy, Saint-Saens, la sensuale e bellissima Cleo de Mérode ed anche Puccini che si trovava per l’occasione a Parigi.
In Waddhana Devi la Principessa ha unito l’eleganza della tradizione antica, con delle nuove esperienze, quali la partecipazione del balletto maschile e ancora l’introduzione di pezzi cantati antichi, riscoperti di recente. Il suo ardente lavoro quale coreografa, la sua dolcezza nei rapporti individuali insieme al suo rigore nell’insegnamento, fanno sì che tutte le persone che hanno avuto il privilegio di conoscerla sentono con profonda tristezza la mancanza della Grande Signora, di colei che ha unito, grazie alla costanza della sua missione, la tradizione reale del Ballo Sacro alla trasmissione universale della bellezza artistica. La nostra reale Apsara continuerà oramai a proteggere le Arti dall’alto dei cieli.
4 dicembre 2019
di Tiziana Primozich
Principe Ravivaddhana Monipong Sisowath da quanto vive in Europa e qual è da Roma l’impegno per il suo paese?
Sono nato a Phnom-Penh nel 1970 e vivo dal 1997 prevalentemente in Italia. Mio padre era il primo cugino di re Norodom Sihanouk, e mia madre la seconda cugina e io sono cugino del re attuale. Sono nato all’inizio anni ‘70 e dopo breve tempo dalla mia nascita siamo usciti dalla Cambogia per il ruolo di addetto militare di mio padre che nel ‘71 si recò con la nostra famiglia in Francia. Nel ‘75 siamo rimasti bloccati lì a causa della presa del potere dei Khmer Rossi, così io ho studiato in Francia, una condizione ‘fortunata’ visto che mio nonno materno, zii e cugini sono stati uccisi già al secondo giorno di rivoluzione . Mi sono iscritto e poi laureato in letteratura inglese all’università francese, ed in quel periodo mi sono appassionato ai temi dei diritti umani. Era il periodo della protesta in Cina di Tienammen, quando la fotografia di uno studente da solo e disarmato davanti a una colonna di carri armati fece il giro del mondo. Ecco, quella immagine legata alla protesta degli studenti cambiò qualcosa in me. Mi feci partecipe da giovane studente di una nuova associazione fondata da colui che ora è ministro dell’Educazione francese e ho partecipato nell’89 a Strasburgo alla stesura di una nuova dichiarazione dei diritti umani legata al mondo dei giovani. Da quel momento è nato in me l’impegno che ancora oggi perseguo: la difesa dei diritti umani. Ovviamente ho svolto lavori come tutti ed il primo incarico è stato con la Ibm. Capii subito che non era la mia strada ma grazie alla mia preparazione mi offrirono di lavorare nel settore del turismo in Kazakistan. Il destino ha i suoi percorsi e per svolgere al meglio il lavoro proposto mi sono dovuto trasferire a Roma per uno stage di sei mesi. Roma è stata una sorpresa perché incredibilmente sono stato preso dalle Nazioni Unite per il World Food Program, all’interno del quale mi sono occupato dei paesi caucasici, e l’occasione è stata propizia perché nel 2000 per la prima volta sono tornato in Cambogia per lavoro e per dare il mio contributo finalmente alla mia patria. Volevo fare qualcosa di utile dopo tante sofferenze subite dalla popolazione nel mio paese, noi all’estero avevamo un grande peso per tutto quello che la mia gente aveva dovuto affrontare. Ricordo che per mia madre il mondo è finito il 17 aprile del ’75 e mai più si riprese dall’orrendo destino che segnò la Cambogia.
Dal 2 Maggio 2016 lei è stato nominato Ambasciatore della Real Casa di Cambogia con rango di Sotto-Segretario di Stato da Sua Maestà Norodom Sihamoni, Re di Cambogia. Dopo i drammatici eventi degli anni ’70 quali sono le prospettive di sviluppo per il suo paese?
La Cambogia è un paese agricolo, con una prevalenza di produzione di riso, ma di recente anche sede di industrie manifatturiere di abiti, con grandi marchi americani, come Nike, Zara, e Mango. Siamo in grande crescita per il turismo, in Cambogia esistono i più antichi insediamenti di templi della civiltà Khmer, con un turismo più di 5milioni di utenti all’anno, cinesi e coreani oltre al turismo occidentale. Una realtà che conosco bene per essere stato per molti anni rappresentante del ministero del Turismo per l’Italia. Un settore che va organizzato e pianificato, la Cambogia non è ancora pronta per l’ingente turismo che attira, grazie alla sua storia ed agli insediamenti di templi millenari come Angkor, il sito archeologico più visitato con il suo “parco archeologico di Angkor”, istituito per decreto reale nel 1994, che si estende su 400 km² con centinaia di templi induisti e buddisti. Il più famoso l’Angkor Wat, il più grande edificio religioso del mondo.
Il 29 maggio ci sarà un grande evento alla Casa dell’Aviatore sostenuto dalla Fondazione Marianna in supporto alle persone colpite dalle mine antiuomo nel periodo più difficile della Cambogia. Come nasce questa sinergia?
Su questo punto devo fare una premessa, io sono stato battezzato anni fa due giorni prima del mio arrivo in Italia, una scelta dettata da motivazioni profonde. Come tutti sanno la Cambogia è un paese buddhista, con una spiritualità legata alla natura, una ritualità antica, e mi ferisce il cuore vedere la deforestazione in molte zone del mondo attuata solo per motivi economici. Come cattolico sono molto legato e devoto a Monsignor Enrique Figaredo Alvargonzalez, per noi semplicemente Padre Kikè, un uomo che, nella sua missione a favore dei disabili in una delle provincie della Cambogia maggiormente martoriate dai residui di mine antiuomo disseminate nel territorio nel periodo dei Khmer Rossi, ha scelto di dimostrare che un persona menomata e costretta su di una carrozzina non è una persona inutile, bensì che il suo apporto può dimostrarsi essenziale nell’odierna società. Questo suo impegno ha trovato l’appoggio di Pinuccia Pitti, che nel contesto della Fondazione Marianna ha costruito La “Carta Artistica Universale” Arte per la divulgazione dei Diritti Umani che si avvale di un’opera pittorica, di una poesia di e di un commento di una personalità autorevole, inerente all’argomento dell’anno, e viene presentata ufficialmente in una prestigiosa serata con importanti relatori. Nello stesso contesto vengono conferiti dei riconoscimenti:Il premio “Intercultura” a due studenti di diversa nazionalità per un elaborato sul tema dell’anno; Il premio “Una Vita per Amore” ad una persona che si è distinta per particolare dedizione ed umanità; Infine un riconoscimento ad una personalità il cui operato è inerente all’argomento dell’anno. Quest’anno il 29 maggio, la Fondazione Marianna, in collaborazione con l’Academia Ariadimusica del Maestro Gianni Maria Ferrini, organizza un concerto di beneficenza alla Casa dell’Aviatore, Viale dell’Università 20. Ed io ringrazio per l’attenzione dedicata al mio paese, la Cambogia, che vedrà un grande aiuto per i suoi invalidi vittime del più grande genocidio nella storia dopo la seconda guerra mondiale, sotto il regime dei Khmer rossi si conta che più del 20% della popolazione fu vittima di una pulizia etnica tra il ’75 ed il ’79. Senza contare i massicci bombardamenti Usa che subito dopo la guerra del Vietnam videro quasi tremilioni di tonnellate di bombe sganciate in Cambogia, una volta e mezzo quelle lanciate dagli alleati durante la seconda guerra mondiale.
La Cambogia si pone tra i paesi più tristemente famosi per turismo sessuale
La Cambogia sta facendo molto contro il turismo sessuale, Somaly Mam , cambogiana e fondatrice di una onlus a tutela di donne e bambine, con una storia orribile alle spalle di abusi e molto coraggiosa, è fortemente impegnata in questa lotta. Il governo sta facendo di tutto per evitare il fenomeno. Si stanno attuando misure drastiche su pedofilia, anche se per antica tradizione quando una bimba ha il menarca, al secondo ciclo mestruale si può sposare. In virtù di questo c’è una sorta di indulgenza su questo argomento. Il vero problema in realtà è la povertà, quando lavoravo al World Food Program aiutavamo la onlus di Somaly, che difendeva i diritti delle bambine e delle donne. Ma i problemi da affrontare sono tanti, ad esempio la credenza cinese che l’Aids si vince andando a letto con una vergine. Padre Kikè ha gestito un villaggio dove c’era un matto che diceva di essere un medico e ha inoculato volontariamente a più di 300 persone l’ Aids. Un’altra realtà sottaciuta è che quando la Cambogia è stata sgomberata dai Khmer rossi la popolazione era ormai talmente decimata dal lato maschile che si potevano contare 5 donne per ogni uomo rimasto vivo. Vi lascio immaginare le difficoltà ed il dolore di queste povere donne, madri e mogli, rimaste spesso vedove e con i figli ammazzati. Siamo stati l’unico caso al mondo di auto genocidio, con una intera popolazione che si ribellò alla repubblica comunista e fu in gran parte sterminata.
Principe, lei è cambogiano nel cuore e nell’anima, cosa può dire descrivendo il meglio del suo paese?
Il mio impegno per il mio paese punta tutto sulla cultura, ho imparato molto vivendo in Europa e sono determinato a portare la mia conoscenza a servizio del mio paese. Lo scorso anno, ne ho scritto io il testo di presentazione, sono riuscito a portare la prima mondiale della Cavalleria Rusticana in Cambogia, con il valente aiuto del maestro Vincenzo Grisostomi Travaglini. Ma a parte l’arte devo dire che il mio paese è intriso di spiritualità da tempi remoti. Noi diamo valore ad ogni espressione del Creato, a partire dagli alberi e da tutto quello che la natura ci ha regalato. Vale la pena venire da noi ed immergersi in questa energia che contribuisce a dare un senso anche all’ultima delle creature di Dio.
E per il suo impegno futuro?
Pinuccia Pitti ha ideato un format dal titolo ‘Abbiamo rubato la luce alle stelle’, che raggruppa artisti di tutto il mondo, collaboriamo con l’ Accademia AriadiMusica che ha sede a Torre Maura, con il maestro Gianni Maria Ferrini, che era all’Opera di Roma, e che ha ideato dei masterclass con artisti eccellenti, e un concerto di musica classica una volta al mese di lunedì. Sembra davvero incredibile citare il quartiere periferico di Torre Maura, eppure è tutto vero. Lì si è sviluppata una realtà artistica dove ci si sente in comunione, una modalità carica di arte che ci collega al divino
Petit-fils de l’ancien roi du Cambodge Sisowath Monivong, le prince Sisowath Samyl Monipong est décédé le 25 juillet à Colmar. Ce passionné d’art et de peinture aimait l’Alsace, où il a vécu de
nombreuses années.
par Hermance Murgue.
Photos : Laurent Weyl
« Il était né prince et l’a toujours été par la noblesse de ses sentiments, par son comportement exemplaire, par sa fidélité, jamais démentie, en amitié et, surtout, par le très grand courage dont il a fait preuve tout au long de sa vie et, dernièrement, face à la maladie » a salué son gendre, Jean-Louis Tertian, époux de la princesse Sisowath Ubbolvadey, au cours d’une cérémonie intime placée sous le signe de la tradition.
Depuis Colmar, Ribeauvillé n’est qu’à une vingtaine de kilomètres. C’est dans cette commune du Haut Rhin que vivait Sisowath Samyl Monipong relate le quotidien régional L’Alsace. Profondément attaché à cette région, qu’il avait rejointe en 1976 après la prise de pouvoir des Khmers Rouges le prince s’y était établi avec son épouse, la princesse Norodom Daravadey, et leurs deux enfants. Sur place, il avait trouvé la tranquillité, loin des mondanités qu’il n’aimait guère.
Les fleurs sont soigneusement disposées sur et autour du cercueil de bois clair. De couleur blanche, elles s’inscrivent dans la tradition bouddhiste, à l’honneur ce 30 juillet pour un homme : le prince Sisowath Samyl Monipong. Survenu cinq jours plus tôt, le décès de ce petit-fils de l’ancien roi du Cambodge Sisowath Monivong et cousin germain du roi Norodom Sihanouk a ému en Alsace, sa terre de cœur. Discret, d’une grande finesse selon ceux qui l’ont côtoyé, il a marqué de nombreux habitants venus lui rendre hommage à Colmar.
Epaulé par sa cousine et représentante du palais, Keo Chendamony Lor, le fils du défunt, le prince Sisowath Ravivaddhana Monipong a transféré l’eau contenue dans une fiole dans une coupelle : ce rite du « transfert des mérites » vise à accéder à la meilleure réincarnation possible.
Avant cela, il y avait eu Paris, où la famille s’était installé en 1972 à la suite d’une grave blessure du prince, alors pilote dans la Force aérienne royale cambodgienne. Promu au grade de lieutenant-colonel, Sisowath Samyl Monipong y devient attaché militaire, puis conseiller de la délégation cambodgienne auprès de l’ONU entre 1974 et 1975. Une carrière professionnelle aussi riche qu’intense, qu’il poursuit après son emménagement dans l’est de la France, où il collabore, entre autres, avec la compagnie Air Alsace, avant de créer une agence commerciale, rappelle le journal local.
De ce passionné d’art et de culture, décédé à 79 ans, ses proches gardent le souvenir d’un homme courageux, courtois, toujours élégant. « Il est bien difficile de tout perdre, particulièrement quand on a été au somment. C’est encore plus vrai quand il s’agit d’une des plus grandes tragédies du XXème siècle, confie son gendre dans son éloge funèbre. Touché mais jamais abattu, il a toujours rempli son rôle de chef de famille, de chef tout simplement. Et il a pu avoir la satisfaction, au soir de sa vie, d’être nommé conseiller du roi Norodom Sihamoni ».
Vi furono quindi le danze al palazzo reale.
Il Re Sisowath ha nominato il Principe di Udine grande ufficiale del Cambodge e il comandante della Calabria, il Marchese Enrico Marenco di Moriondo, comendatore.”
“Il Corriere di Saigon giunso ieri a Marsiglia, reca le seguenti notizie sull’arrivo della R. nave Calabria a Tou-Moc-Lo il 6 settembre scorso e sulle accoglienze fatte a S.A.R. il principe Ferdinando di Savoia, duca di Udine, imbarcato su detta nave:
“Le autorità locali ricevettero allo sbarcatoio il Principe e lo accompagnarono dal Re del Cambodge. Alla sera, alla sede del Residente Superiore, fu dato un “punch” in onore del Principe, al quale assistevano gli ufficiali italiani e le autorità.
Il giorno dopo, il Principe visitò la città, i monumenti ed il Palazzo”
Le Prince Ravivaddhana Monipong Sisowath fait partie de ces gens qu’on pourrait interviewer pendant de longues heures sans s’ennuyer une seconde, un peu comme un livre d’histoires qui ne veut pas se refermer tant chaque époque marquante de sa vie est contée avec une précision et un nombre incroyable d’anecdotes et de détails.
L’homme est élégant dans tout les sens du terme, dans son apparence, soignée, dans son élocution, fluide et précise, dans sa connaissance,incroyablement étendue tant dans l’histoire du Cambodge que dans celle des artsen général. Khmer par sa naissance et son éducation, Français par filiation(grand-mère) et Romain de cœur, le prince se définit ainsi comme un personnage de contradictions, un concept qui lui plait car, dit-il, la contradiction et les nuances font la richesse d’un personnage …
Né en 1970 au Cambodge, le jeune prince ne grandira pas sur sa terre natale et, ce fut probablement une chance au regard des années noires qui endeuilleront le royaume avec la guerre civile et l’avènement des Khmers Rouges un peu plus tard. C’est une blessure de son père, Le prince Neak Ang Mechas Sisowath Samyl Monipong, alors officier de l’armée royale qui va provoquer le départ de la famille vers Paris en 1972. Nommé ensuite attaché militaire à Paris après sa guérison, le Prince Sisowath Samyl Monipong installe définitivement sa famille dans la capitale française. De ces jeunes années françaises, Ravivaddhana garde le souvenir de deux univers qui ne se croisent pas : le Cambodge et la France.
« Le Cambodge, raconte-t-il, commence dans sa maison, posée comme un précieux et délicat fragment de royaume que sa mère, la princesse Neak Ang Mechas Norodom Daravadey, préserve, chérit et dont elle transmet l’histoire et la culture à son fils alors sous la tutelle d’une gouvernante chinoise, bien occupée avec un enfant incroyablement éveillé et curieux de savoir»
De ce Cambodge qu’elle ne souhaitait peut-être pas quitter, la princesse Norodom Daravadey veut lui en inculquer le meilleur : le jeune Ravivaddhana apprendra ses prières en Pali, se familiarisera avec l’écriture khmère, et bien sûr avec l’histoire, les coutumes et traditions de son pays de naissance. De cette époque, le prince raconte : ‘’Ma mère tenait précieusement à mon éducation cambodgienne, c’était un souhait fort, mais, paradoxalement, alors qu’avançait la destinée tragique du pays, j’ai aussi vécu les traumatismes de ma mère et, quelque part, le Cambodge me manquait profondément car je le vivais intensément sans y vivre physiquement’’.
Prince Ravivaddhana Monipong Sisowath
A l’extérieur de la maison, à cette époque, commença plus tard une autre histoire, plus française, celle d’un jeune prince exilé qui, fort de l’érudition précoce initiée par ses parents, abordera ses études comme un loisir utile. Et dehors de la maison, raconte-t-il avec un petit sourire, c’était une sorte de jeu, je m’amusais, avec ma sœur, princesse Sisowath Ubbolvadey Monipong, à être aussi intelligent et brillant que possible à l’école, d’être un bon élève et de réussir mes études. Ravivaddhana fera hypokhâgne et khâgne et s’orientera ensuite vers un Masters d’anglais qu’il réussira sans grande difficulté. Mais la maîtrise des langues ne lui suffit pas, il passera aussi quelques modules d’ethnologie, devenant au passage l’un des étudiants de Charles Meyer l’auteur du livre ‘’Derrière le sourire khmer’’ (1971). Mais, pour des raisons familiales, le jeune étudiant va, plus tard, embrasser une carrière commerciale au sein de plusieurs grands groupes comme IBM et Accor, carrière commerciale mais ponctuée ensuite de consultances pour les médias, les institutions, de grands organismes caritatifs, C’est en 1997, au cours d’un voyage professionnel qu’il découvre Rome et l’Italie et en tombe totalement amoureux, ressentant quelque part de subtiles similitudes avec la culture cambodgienne…Cela peut sembler quelque peu insolite, explique le prince, mais il y a de nombreux dénominateurs communs entre ces deux pays. Il y a bien sur la beauté, l’art, le climat, le coté chaleureux mais, ce qui m’a frappé, c’est cette même relativité concernant la notion de vérité et les nuances de liberté, de souplesse et de cohérence qui entourent cette notion. En clair, la vérité n’est pas toujours le meilleur argument, elle est parfois malléable et jamais absolue. Et, de retrouver une même approche chez ces deux peuples est un détail intéressant.
De ces années romaines durant lesquelles Ravivaddhana fait le plein d’émotions artistiques et littéraires, et se passionne pour l’opéra, il ne perd pas contact avec le Cambodge : ‘’ De par mes fonctions, j’ai accueilli plusieurs fois le Ballet Royal à Rome, je recevais beaucoup de visites amicales et familiales. Mais il m’a fallu du temps pour envisager de revenir, je ne me sentais pas prêt durant les années 1990, et je ne souhaitais pas revenir au Cambodge comme un touriste, il fallait, à mon sens, que mon retour soit une démarche constructive et surtout utile’’. Je ne me sentais pas non plus capable de franchir le pas comme l’a courageusement fait mon cousin le prince Tesso Sisowath, c’est-à-dire revenir vivre complètement vivre et travailler au pays avec toutes les difficultés que cela suggère, difficultés d’adaptation pour ceux qui sont partis depuis très longtemps, nostalgie de la deuxième patrie qui peut nous ronger ou parfois la mémoire de ceux qui sont disparus. Quant à sa perception du génocide, elle diffère quelque peu du sentiment généralement ressenti par la diaspora khmère profondément meurtrie et horrifiée de cet épisode traumatisant de l’histoire du Cambodge : ‘’ J’ai essayé de comprendre, comme beaucoup, la période des Khmers Rouges. A travers une approche puis une étude des structures sociétales khmères et de la colonisation de la péninsule indochinoise, finalement je me suis dit que cela n’était pas une surprise. J’oserais même affirmer que cela était prévisible. Par contre, je voudrais vraiment préciser que je reste horrifié par les massacres d’enfants. Que les adultes se fassent la guerre ou entre-tuent est une chose profondément triste, mais qui correspond malheureusement à un ordre des choses, des événements, des cycles de l’histoire. Mais pour moi, le massacre d’enfants n’est pas acceptable….’’
Ce n’est qu’en Avril 2000 que le prince a donc l’occasion de revenir au Cambodge. Il est alors en mission pour la FAO. Dans l’avion qui le mène vers son pays de naissance, jamais peut-être le prince n’aura autant ressenti les contradictions de ce qu’il appelle cette génération sacrifiée. Il se rappelle alors des larmes de sa mère liées aux disparus, aux familles séparées, aux tristes nouvelles qui se succédaient ces matins de 1975 alors qu’un rideau de noir et de rouge se fermait sur un royaume autrefois de lumières. Cambodge je te hais pour mes souffrances, Cambodge, je t’aime pour ta beauté que me contait ma chère mère, se disait Ravivaddhana alors que l’avion se posait sur le tarmac de Pochentong. ‘’…Effectivement, c’était très émouvant, j’ai beaucoup pleuré en pensant aux disparus…’’. En arrivant, je suis allé voir la maison de mon grand-père à Phnom Penh, qui existe toujours mais qui a bien changé…puis je suis tout de suite parti pour la campagne cambodgienne dans le cadre de ma mission avec la FAO. Mon contact avec les gens de Takéo a été rude, franc, difficile et finalement sincère, c’est ce type de contact que j’aime au Cambodge. Depuis, je reviens régulièrement, sous des pressions amicales bien sûr, pour des raisons professionnelles ou protocolaires également ; mais chaque voyage est l’occasion de nouvelles rencontres et de découvertes, donc c’est enrichissant. Si je devais me remémorer un instant fort depuis que je reviens au Cambodge, ce serait sans conteste le couronnement de sa majesté Norodom Sihamoni. Ce fut intense, un grand moment historique, j’étais placé au même endroit que le fut mon père lors du couronnement de sa tante. Ce fut important pour moi, je me suis senti à ma place, je me suis senti légitime. Il y a eu aussi ces dernières années beaucoup d’autres moments agréables, en particulier avec la princesse Buppha Devi, merveilleuse icône et héroïne du Ballet Royal khmer. Par contre, je ne vais pas au Cambodge en ‘’vacances’’, j’ai mon jardin secret en Grèce pour mes vacances.
« Vous me le faites remarquer, oui j’aime la vie et les bonnes choses de la vie…explique le prince, je ne me définirais pas comme un épicurien, plutôt comme un hédoniste »
« J’ai eu la chance, hors le contexte des conditions de l’exil et de la tristesse liées au sort de mon pays durant mes jeunes années, d’avoir été merveilleusement entouré, par des gens qui m’ont inculqué l’amour du beau, du bon et de l’élégance. J’avais un grand-père très au fait des arts de la table et j’y ai pris goût, tout comme j’adorais les plats khmers que me préparait ma mère. Enfant, j’ai pris quelques cours de musique mais, au-delà de ces détails autobiographiques, je crois que le fait d’avoir été entouré par des gens raffinés, tant au sein de ma famille que dans mes relations amicales et même professionnelles, a largement contribué à mon attirance pour les arts et les plaisirs de la vie. Pour conclure, et cela est très personnel, je pense tout simplement que la vie est un cadeau merveilleux et qu’elle vaut la peine d’être vécue. Quant à mes loisirs, ils sont à mon image, j’adore l’opéra et, c’est une passion très occidentale, tout comme je suis passionné par l’astrologie, un art tout asiatique…»
Par Christophe Gargiulo
Mi ritorna in mente...
Il sole d'ottobre riscalda l’orizzonte dei suoi raggi clementi, portando la mia mente ben oltre la cupola di San Pietro, che intravedo dalla finestra di casa. In effetti, tra tre giorni, si celebrerà in Cambogia il “Pchum Ben” o Festa dei Morti e dopo tanti anni, di riflessioni e procrastinazione, metto su carta le prime righe di un qualcosa che uscirà, man mano, dal mio cuore nella parziale conclusione di un percorso iniziatico. I defunti, stranamente, hanno sempre fatto parte della mia vita non come ricordi, bensì quali entità vive. Dunque, non è una sorpresa se sono loro che mi spingono, finalmente, a scrivere ciò che sento di dover condividere della mia esperienza di vita. Abbiamo lasciato la Cambogia nel freddo dicembre del 1971, nella paura dei razzi dei ribelli comunisti. Mia madre ricordava l’ansia che mio padre provava scrutando il cielo mentre salivamo in aereo, io nelle braccia dell’adorata governante cinese che chiamavo con affetto “Ah Sam” che vuol dire Tata in lingua cantonese. Papà era stato gravemente ferito dai Vietcong l’anno precedente e rimase marcato dal trauma, malgrado la sua essenza autenticamente guerriera, che l’aveva spinto ad integrare i ranghi dell’aeronautica militare cambogiana sin dall’inizio degli anni Sessanta. Mio padre Samyl è il figlio primogenito di Sua Altezza Reale il principe Sisowath Monipong e del suo primo grande amore, ovvero mia nonna, la graziosa damigella Andrée Lambert. Il principe Samyl nacque in Francia a Marsiglia in una mattina dell’aprile 1941, due settimane prima la morte del suo nonno paterno, Sua Maestà Re Monivong. Mio nonno Sisowath Monipong secondo figlio del Re, essendo stato richiamato da suo padre poco tempo prima in Cambogia con la scusa di volerlo accanto (in realtà per dargli in sposa Neak Moneang Chhomya, attraente sorella dell’amata e potente favorita paterna, Khun Tat), non fu vicino a mia nonna alla nascita di mio padre e credo che lei non lo abbia mai perdonato di non essere stato presente in un momento così importante! Il neonato crescerà in Provenza, a casa dei suoi nonni materni fino a quattordici anni, quando suo padre lo prenderà con sé a Parigi, dove nel frattempo era stato nominato “Haut Commissaire” della Cambogia, recentemente indipendente in seno alla nuovissima “Union Française”, della quale la vice-presidente era una prozia, l’austera principessa Norodom Ping Peang Yukanthor, che nutrirà un grande affetto per Papà, portandolo spesso in vacanza al mare o nelle Alpi. Il 31 Agosto del 1956, con la morte inaspettata del Principe Monipong a Parigi, suonerà la fine di questo periodo felice della vita di mio padre. Pochi mesi prima, Papà aveva compiuto il viaggio più importante della sua giovane esistenza, che lo aveva trasportato da una gioventù che si potrebbe definire da “contadino provenzale”, sino ai piedi del trono di sua zia, Sua Maestà Sisowath Kossamak Nearirath Serey Vatthana. Mio nonno, piccolo fratello molto amato della Regina, aveva avuto il grande privilegio di trasportare quella che sarebbe stata la corona di sua sorella, lavoro di un celebre gioielliere di Nizza, Peyrot Rudin e fu così che mio padre ebbe la sua prima missione di stato: custodire il prezioso gioiello durante il loro viaggio dall’aeroporto di Le Bourget fino a Phnom Penh! Papà fu presentato a tutti i membri della famiglia e molto presto si farà amare da zii e zie, cugini e cugine, soprannominato il “Francesino”, godendo del particolare affetto della Regina Kossamak, che lo proteggerà in ogni momento e fino alla Sua scomparsa in esilio nel 1975.
Mi ritorna in mente...
Mia madre, invece, nasce nella casata benestante del ramo primogenito dei Norodom, più precisamente quello discendente di Khun Than, la favorita siamese più potente del XIX° secolo. La sua educazione fu affidata alla nonna paterna, la principessa Sisowath Bophasy, ex-danzatrice del Balletto Reale al tempo di Re Sisowath (1904-1927), che si assicurerà che la nipote cresca con i dovuti insegnamenti inerenti al suo rango e alla prestigiosa famiglia di appartenenza. Purtroppo, la nonna mancò prematuramente nel 1957, lasciando mia madre inconsolabile e triste. Nel frattempo mio nonno, il principe Norodom Monissara, continuava costantemente a salire nei gradi della diplomazia, fino a diventare nel 1969 segretario generale del Ministero degli Affari Esteri, dopo essere stato diplomatico di alto rango e Direttore del protocollo per molti anni. La leggenda urbana vuole che l’incontro tra mia madre e mio padre avesse luogo nel quadro idillico di Palazzo Reale in occasione del matrimonio di Sua Altezza Reale il principe Norodom Khemanurak con Neak Moneang San Surienne ... In realtà, questo incontro avvenne qualche mese prima ad una “surprise-party” organizzata da mia zia paterna, la principessa Sisowath Sovethvong (chiamata Lola in famiglia), in occasione del suo compleanno nel settembre del 1966. La zia Lola era amica di classe di una sorella minore di mia madre e, sapendo del desiderio della Regina Kossamak di vedere il caro nipote finalmente sposato (e possibilmente con una persona d’indubbia moralità), decise di provocare il destino. Mio padre, abituato alle decisioni impulsive della sua sorellastra, non fu sorpreso di tornare a casa e di vedere tanti giovani invadere lo spazio della villa reale che occupavano all’epoca. Mia madre arrivò un poco più tardi, come di consueto accompagnata dalla sorellastra Ponnarangsey e fu molto piacevolmente sorpresa della presenza del suo amabile cugino il Principe Sisowath Ayuravann (chiamato Khla in famiglia, “la tigre” perché nato nell’anno della Tigre). Tra breve, però, il Destino avrebbe giocato con i suoi sentimenti mettendo avanti a lei il pimpante sottotenente dell’aeronautica militare, il principe Sisowath Samyl Monipong, in “missione di seduzione” su consiglio della zia Lola. Ovviamente, vinse Papà su tutti gli altri sospiranti, soprattutto facendo ridere la sua “preda” designata ostentandosi nel parlare, con minima padronanza, in lingua cambogiana … e si ritrovarono al famoso matrimonio reale, laddove mio nonno Monissara ebbe difficoltà a nascondere il suo imbarazzo nel vedere il nipote della regina madre impegnare sua figlia per tutti i balli della serata. Senza sorpresa la settimana seguente arrivò una convocazione a Palazzo, ma fu solo alla terza udienza che mio nonno cedette alla richiesta della mano di mia madre da parte del principe Samyl, pur temendo di far vivere sua figlia primogenita nell’indigenza per quella che considerava l’inadeguatezza dello stipendio mensile di un giovane ufficiale, anche se di stirpe reale.
8 gennaio 1937: Nella Sala del Trono, Sua Maestà la Regina Sisowath Kossamak Nearirath Serey Vatthana versa l'acque lustrale nelle mani di mio padre mentre mia madre applica la stessa acqua sotto l'orecchio, secondo la tradizione
La data delle nozze fu fissata al 9 gennaio del 1967, ma lo svolgersi della funzione della benedizione reale fu fissata per il giorno precedente, malgrado il disaccordo tra l’indovino di Corte Hora Yuok e la veggente di famiglia Yeay Mesa, la quale vinse la sfida! La regina Kossamak versò l’acqua lustrale dalla conchiglia sacra nelle mani degli sposi e suo fratello, Samdech Krom Preah Sisowath Monireth, sparse i fiori d’areca sul loro capo nella Sala del Trono di Palazzo Reale. Il giorno successivo le cerimonie private furono celebrate a casa della sposa, a Vithei Makhavan 29bis, e la cena nel ristorante “La Lune” in bordo al fiume Tonle Sap. Mio padre era in divisa di serata da ufficiale dell’aeronautica e mia madre in broccato di seta blu scuro con corsetto di seta verde ricamato a mano con perle e filo d’oro. Aveva scelto di portare la parure di diamanti ereditata dalla nonna adorata, insieme allo zaffiro blu notte e ai diamanti che ornavano il suo anello di fidanzamento, dono personale della Regina. Dopo il matrimonio, i miei genitori andarono a vivere in un appartamento nel famoso “building” sulla riva del fiume Bassac e si comprarono una “Floride” decapottabile. Alla mia nascita, qualche anno dopo, mio nonno regalò loro una casa di legno “Teck” sulla via dei “cetrioli dolci”; venne venduta la pregiata Floride, sostituendola con una più spaziosa ed economica Volkswagen Maggiolino. Come previsto da mio nonno, le condizioni economiche della giovane coppia non erano all’altezza delle abitudini di mia madre ed intervenne molto volentieri nel sostenerli, chiudendo gli occhi sulle spese domestiche di mia madre addebitate sul conto di “casa grande”, cioè la sua, facendosi carico personalmente di tutte le spese riguardanti i domestici, la lavanderia e tanto altro! La favola sarebbe stata perfetta ma, purtroppo, la “dolce vita” a Phnom Penh fu frantumata con l’irruzione della guerra e il colpo di stato contro la monarchia del marzo 1970 e qualche mese dopo la proclamazione della Repubblica Khmer. Mio padre fu ferito gravemente nel maggio dello stesso anno e nominato addetto militare a Parigi nel 1972 grazie all’intervento di suo cugino, il principe Sisowath Sirik Matak! Ed eccoci qui … finalmente sbarcati a Parigi nel freddo inverno del 1971.
La situazione del Paese era molto complicata; quella dei miei genitori ancora di più! Papà serviva gli interessi di uno Stato che lottava, secondo lui, per la libertà e soprattutto contro i comunisti. Maman era più distante nell’apprezzamento del nuovo regime. Lei ammetteva che suo zio Sirik Matak aveva favorito la nomina di suo marito presso l’ambasciata di Parigi però, allo stesso tempo, faceva del tutto per evitare di ritrovarsi in compagnia delle mogli dei funzionari del nuovo regime, figure preminenti di questo mondo assurdo venutosi a creare con la Repubblica Khmer. Io, invece, da bambino dovevo rivolgere il mio sguardo a un universo per me strano, fatto da altri bambini con capelli gialli e occhi azzurri, una città rumorosa piena di stranieri, la mancanza dell’affetto delle mie zie materne adorate. Ogni settimana, grazie a una “valigia magica” che mio padre portava a casa (scoprirò più tardi trattarsi di quella diplomatica, ero convinto che Papà fosse dotato di super poteri) emergeva in forma di registrazione il mio vero mondo, con le voci delle mie zie che mi riportavano al sapore dei mango deliziosi del nostro giardino di Bung Keng Kang e del pesce secco che la mia Ah Sam mi serviva alla prima colazione con la zuppa di riso appena tiepida. Tornare indietro su questi ricordi dell’infanzia è molto doloroso, perché mi fanno rimpiangere l’innocenza perduta, la dolcezza del desiderio puro di aprire un regalo, sapendo che veniva da Phnom Penh. Delle registrazioni delle zie avevo diritto di ascoltare solamente la parte che mi era destinata: ogni zia terminava sempre il proprio discorso, quello serio riservato ai miei genitori, con un saluto al nipote della Francia, consigliandolo di non lasciarsi sopraffare a scuola dai bambini dalla pelle bianca, di essere sempre il migliore e di obbedire a Maman, ovviamente! All’epoca, non avevo idea che le zie raccontavano dei razzi lanciati dai comunisti sulla capitale, della difficoltà nel muoversi, del costo del riso che saliva, saliva e saliva ancora. In breve, io ero confinato alla vita da bambino felice in una terra straniera, sotto la protezione di mio padre, che non mancava di venire a prendermi a scuola in divisa militare, suscitando l’ammirazione di tutte le mamme francesi della Scuola “Des Saints Anges” (Dei Santi Angeli), dove i miei avevano scelto di farmi fare i primi passi della vita parigina. Presto, Maman, rimase incinta di mia sorella. Alla fine della gravidanza, all’inizio dell’anno 1973, mi svegliai una notte per dei rumori nell’appartamento. Sentivo la preoccupazione di mia madre, ma non osavo uscire della mia camera. Ah Sam, in un abbraccio affettuoso, mi riportò nel mio letto. Quando mi svegliai, la mattina dopo, trovai tutto come se nulla fosse successo. Maman era in vestaglia di shantung nella sua camera leggendo “Jours de France” e beveva una tazza di tè, prima di darmi il bacio rituale d’inizio giornata, profumato al “Je reviens” di Worth che alternava con il suo eterno “Chanel n°5”. Quindici anni dopo seppi che quella notte avevano ricevuto la notizia dell’arresto di mio nonno: il fratello del Maresciallo Lon Nol, Lon Non, aveva ordinato di mettere ai domiciliari alcuni principi della famiglia reale che avrebbero potuto rappresentare un pericolo per la Repubblica.
La vita da bambino proseguiva nei miei tre anni compiuti senza preoccupazione, senza nuvole nel cielo. L’arrivo di mia sorella non cambiò di molto le mie abitudini, visto che Papà e Maman avevano deciso di giocare ai genitori moderni e di prendersi cura personalmente della creatura neonata. Io rimanevo sotto la giurisdizione della mia Ah Sam, cioè assolutamente libero di fare quello che mi andava di fare, almeno quando ero lontano dalla “Principessa Madre”, come la chiamava la mia Tata quando si riferiva a Maman. A dir la verità, vedevo relativamente poco mia madre: la mattina per il rito del bacio, di pomeriggio ancora per un bacio prima della siesta. Dopo il riposino, la merenda e tornava Maman per la lezione, perché aveva deciso che all’età di quattro anni dovevo essere capace di leggere e scrivere in lingua francese. Mi piaceva stare con lei sentendo il suo profumo, osservare i suoi capelli sempre perfettamente pettinati in questo famoso “Omega” che manteneva con ostinazione, malgrado la moda più rilassata degli anni Settanta. Ero un piccolo allievo molto applicato e presto riuscì a raggiungere lo scopo materno. Papà, evidentemente, fu informato dei miei progressi e di ritorno da un viaggio d’informazione in Svizzera, oltre ai miei cioccolatini preferiti, mi regalò il primo orologio: una Kelton blu, ricompensando così la mia abilità nel leggere l’ora! Un’altra delle mie attività preferite era partecipare alla scelta dei vestiti di Maman quando usciva la sera. Dopo aver passato il pomeriggio sotto il casco, la testa ricoperta di “bigoudi” rigorosamente messi a posto da Ah Sam, Maman apriva un baule speciale e qui entravo in azione: adoravo mettervi dentro la testa, immergermi e sentire la fragranza della seta, toccare quei tessuti preziosi mentre mia madre tentava di tirare fuori più “sampot” (gonna cambogiana) dai colori svariati. Poi, cominciavano le prove ed ero io il giudice assoluto: fino a ottenere il mio consenso definitivo! Maman si divertiva a provare e ancora provare le sue sete, sobrie o vistose, dicendomi che la seta deve prendere aria. Una volta scelti i vestiti, giungeva il mio momento favorito: la scelta dei gioielli. Ah Sam portava la “Vanity Case” di cuoio nero e là si apriva un mondo di meraviglie: ricordo il bracciale di perle, diamanti e smeraldi regalato dall’ambasciatore d’India. Accanto al bracciale la famosa parure di diamanti di Golconda ereditata dalla venerata nonna, il rubino circondato di brillanti, le perle del Giappone, gli zaffiri, zirconi e topazi, con altre pietre di colore, che non erano mai del gusto di mia madre. A Lei piacevano solo i diamanti, perché come diceva: «… i diamanti possono essere abbinati a tutti i colori di seta e convengono sempre a tutte le situazioni; basta scegliere la misura giusta».
Monterotondo, 11 ottobre 2024
Sisowath Ravivaddhana Monipong
LeLlett